Nautica
Giunca cinese
300 d.C.
Percorsi evolutivi
Epoca .
Luogo: - paratie stagne

- vele steccate

- alta poppa e prua affusolata
a guisa di anitra.
Caratteristiche: dal 200 a oggi
Materiali Cina ed estremo Oriente
Caratteristiche Vele in stuoie irrigidite da canne di bambù
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Tipologia: .. ... ... ...
Progettista: ...
APPROFONDIMENTO
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Marco Polo (1292), descrive così la flotta cinese al ritorno dal suo lungo viaggio in Oriente: “ Queste navi, con le quali i mercanti vanno e vengono nell’oceano Indiano, sono così grandi che sul ponte si trovano circa 60 cabine in ognuna delle quali i passeggeri vivono molto confortevolmente. Le più grandi hanno bisogno di 200- 300 uomini di equipaggio. Di solito hanno quattro alberi e quattro vele , ma alcuni modelli ne hanno anche di più e le vele vengono alzate tutte o in parte secondo le condizioni del tempo”


L’antichità della giunca non è databile con precisione, esistono documenti del 300 d.C. che parlano di navi cinesi a quattro vele in senso verticale, e poiché era sconosciuto l’uso, poi diffusosi in Occidente, di montare più vele in senso verticale, si deve dedurre che le quattro vele corrispondessero a quattro alberi. Nell’isola di Giava (attuale Indonesia), in India e a Cylon (attuale Sri Lanka) sono state trovate delle sculture datate al 500-600d.C. che mostrano chiaramente giunche con più alberi e vele steccate. Secondo Joseph Needham, autore di una pregevole ricerca su Scienza e civilizzazione della Cina, nel 587 l’impero aveva già navi da guerra a più ponti, alte trenta metri sull’acqua, che trasportavano truppe equiparabili ai moderni marines. Addirittura il Jane’s Fighting Ship, il più autorevole annuario di cose militari che esista al mondo, sostiene che i cinesi avevano una flotta da guerra fin dal 200 a.C.


Si pensi che Roma a quell’epoca era un agglomerato di capanne, Caio Flaminio stava costruendo l’omonima strada fino a Rimini, Annibale non aveva ancora passato le Alpi, Cartagine aveva si una potente flotta ma costituita quasi esclusivamente da quinqueremi. I Cinesi invece costruivano navi più grandi di quelle che 1500 anni dopo i portoghesi avrebbero spinto per l’Atlantico e con una tecnologia velica estremamente più avanzata.

Gli europei infatti potevano navigare solo quando il vento era a favore in quanto le loro vele in canapa o lino non permettevano di affrontare la navigazione di bolina (contro vento) a causa della eccessiva elasticità della tela.


Le vele delle giunche erano fatte di stuoie irrigidite da canne e da bambù (vele steccate), di peso elevatissimo, permettevano di stringere il vento molto più e molto meglio delle vele quadre europee.

L’enorme sforzo richiesto per issarle veniva ripagato dalla facilità con cui potevano venire manovrate in caso di forte vento; bastava infatti un solo uomo per ammainarle completamente o per ridurne la superficie esposta.

Le stecche permettevano inoltre di far mantenere alle vele, in certe andature e con certi venti, una forma che non si alterava. Era possibile con questo sistema mantenere sotto controllo il profilo alare della vela, scoperta fatta in Europa in tempi molto più tardi.

È difficile dire se i cinesi fin dai tempi più remoti avessero calcolato questo aspetto del problema, se lo avessero soltanto intuito o se la vela steccata sia nata per puro caso o per necessità contingenti. La dimostrazione della sua efficacia comunque esiste: infatti mentre i velieri europei con vele quadre potevano risalire il vento con un angolo che nella migliore delle ipotesi era di 65°, le giunche potevano farlo fino a 50°.

Il concetto della steccatura è stato comunque ripreso negli ultimi decenni e oggi tutti i catamarani moderni ne sono forniti perché si è visto che alle velocità che questi mezzi raggiungono la vela rigida rende molto di più.


Gli alberi delle giunche non avevano sartiame, ovvero quel complesso insieme di cavi che caratterizza le navi europee preposto alla movimentazione delle vele, perché tutto il sistema di fondava sulla presenza di irrigidimenti in canna di bambù.

Un’ altra caratteristica interessante della giunca è la presenza all’interno dello scafo di 13 divisioni costituite da tavole perfettamente combacianti l’una con l’altra in modo da creare una sorta di paratia stagna.


Il timone inoltre era unico, centrale e collocato in mezzo alla poppa. Anche questo elemento era sconosciuto in Europa dove il timone era sostituito da un grosso remo proteso fuori bordo. La disposizione del timone dipendeva dal fatto che la poppa delle giunche era a specchio, ovvero quadrata e alta.

Si deve supporre che la giunca inizialmente fosse qualcosa di molto simile a una scatola da scarpe caratterizzata da un fondo piatto, la prua e la poppa squadrate anziché a punta ma inclinate e rialzate. Un vecchia favola cinese parla della giunca, che vuol dire nave, come qualcosa che trae ispirazione da un animale caro al popolo cinese: l’anatra. Quando galleggia sull’acqua infatti l’animale fronteggia le onde con il petto sfinato e il collo che si sollevano sui flutti mentre il posteriore determina una solida base. Così la giunca è sempre stata molto larga e alta a poppa mentre la prua è andata affinandosi sempre più.


La nave occidentale è sempre stata costruita impostando la chiglia e aggiungendo poi prua e poppa, tavole di fasciamo e ponte di coperta. Nella giunca, invece, non esiste la chiglia e a essere costruita per prima è una piattaforma di tavole ai lati della quale si issano le fiancate. Per irrobustire questa costruzione a scatola i cinesi inventarono le paratie interne stagne attraverso l’applicazione del mastice per calafaggio.

Sfilacci di canapa intrisi di olio e fango venivano pressati nelle fessure tra una tavola e l’altra per impermeabilizzare l’intero scafo.

Per assicurare una tavola con l’altra venivano utilizzati infine chiodi in legno.

CREDITS
A cura di: Cristina Mazzola
FONTI BIBLIOGRAFICHE
 
 
 
 
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
A.A.V.V., History if tent construction, in Detail 6/2000.
Berger H., Light structures, structures of light, Arthur House, Indiana, 2005.
Singer C., Holmyard E.J., Hall R., Williams T., Storia della Tecnologia, vol. I, Paolo Boringhieri, Tornino.
Zanelli A., Trasportabile, trasformabile. Idee per architetture in movimento, CLUP, Milano, 2003.