I precursori delle scocche in architettura: Angelo Mangiarotti
1921 -
Scoperte invenzioni innovazioni

Angelo Mangiarotti può esser considerato uno dei maggiori protagonisti della cultura italiana del progetto, con diverse centinaia di progetti e realizzazioni.  La sua capacità di fare la professione e il progetto riesce a far coincidere valori etici, ideali civili e principi morali con la propria professione.

Nel 1948 si laurea in architettura al Politecnico della stessa città. Negli anni 1953-54 svolge attività professionale negli Stati Uniti partecipando al concorso per il "loop" di Chicago. Durante questo periodo conosce Frank Lloyd Wright, Walter Gropius, Mies van der Rohe e Konrad Wachsmann.  Nel 1955, di ritorno dagli Stati Uniti, apre a Milano uno studio con Bruno Morassutti con il quale collabora fino al 1960. Nel 1989 apre la Mangiarotti & Associates Office con sede a Tokyo. Angelo Mangiarotti affianca all'attività professionale un'intensa attività didattica svolta nelle università italiane ed estere.

Un Prouvé più rigoroso, un Mies con la testa nell'ingegneria, un Morandi più spregiudicato. In verità Angelo Mangiarotti rappresenta un autore assolutamente originale nel panorama internazionale dell'architettura, uno dei pochi progettisti italiani (come Ponti, Nervi e Piano) in grado di esportare la propria idea e la propria filosofia (Finessi, 2002).

Dai primi anni Cinquanta Mangiarotti si occupa di progetto e riesce, attraverso le sue realizzazioni, a far dialogare contemporaneamente il mondo dell'architettura, dell'ingegneria, del design e dell'arte, discipline praticamente distanti, ma realmente interdipendenti. I suoi progetti sono in grado ogni volta di diventare nuovi modelli di riferimento.

La sua architettura ha dato un enorme contributo evolutivo nel campo dei sistemi costruttivi prefabbricati in cemento armato. Pilastro, trave e tegolo costituiscono gli elementi strutturali base della ricerca progettuale di Mangiarotti, destinati prevalentemente all’edilizia per l’industria. La ricerca nel design del componente ha costituito un punto di forza per qualificare gli edifici prefabbricati anche dal punto di vista del linguaggio architettonico. Nella sua prassi ogni progetto diventa “momento sperimentale” per successive innovazioni, conservando inalterata la matrice genetica che li accomuna. La coerenza del suo approccio progettuale, mantenendosi sempre fedele a una rigorosa impostazione strutturale, trova in ogni episodio la possibilità di individuare nuovi risultati espressivi, attraverso la particolare attenzione per la morfologia del componente.

Mangiarotti, attraverso lo studio dei dettagli, mira alla possibilità di ottenere risultati architettonici molto diversi, pur utilizzando uno stesso sistema costruttivo, ma dimensionandolo e aggregandolo secondo impostazioni spaziali e compositive diverse. Ne sono un esempio le strutture degli edifici industriali di Alzate Brianza (1969),di Turate (1982) e di Giussano (1993). Questo è il punto di arrivo di una lunga ricerca evolutiva sui sistemi costruttivi prefabbricati in cemento armato condotta a partire dall’idea fondamentale del trilite. Costituisce la più recente versione di un sistema costruttivo pensato e realizzato per la prima volta nel 1969 per la sede della Lema ad Alzate Brianza (Como) e applicato successivamente, nel 1983, per la sede della Unifor a Turate (Como).

Il particolare design dei componenti consente di contenere la trave principale nello spessore del solaio e di ottenere così un intradosso piano ritmato soltanto dalle nervature delle travi e dei tegoli di copertura, la cui morfologia consente una facile distribuzione delle reti impiantistiche. Il sistema di tamponamento, per quanto riguarda gli elementi in cemento armato, riprende le esperienze già condotte precedentemente, mentre la parete vetrata posta lungo il fronte sud dell’edificio, in corrispondenza degli uffici, è il risultato di una accurata ricerca progettuale nel corso della quale è stato messo a punto un apposito profilo estruso in alluminio per la realizzazione dei montanti.

Nella sua ricerca occupa un posto di rilievo il design dei tegoli di copertura in calcestruzzo, con un attenzione alle dimensioni di luce coperta, all’assottigliamento della forma, all’alleggerimento, alla reversibilità e ampliabilità delle coperture con accostamenti di nuovi moduli. Ne sono testimonianza il progetto della struttura “Yarleys” (1963-64), in cui viene affrontato il tema della copertura a piastra con nervature e un lucernario al centro di ognuna, per l’illuminazione e per l’alleggerimento della struttura, il progetto di una megastruttura a maglia quadrata (1976), i tegoli dell’edificio di Giussano, quelli dell’edificio industriale di Bussolengo (1976), così come gli elementi di copertura della chiesa Mater misericordiae di Baranzate (1957) e il deposito industriale di Mestre (1962).

Nei suoi studi tra forma e materia la tendenza è di ridurre la materia al minimo necessario, utilizzando al limite le sue caratteristiche meccaniche. Il padiglione del Centro direzionale Internazionale Marmi e Macchine a Carrara (1991) costituisce una tappa significativa nella lunga e articolata ricerca sviluppata nell’ambito dei materiali lapidei. La copertura è realizzata con lastre curve di marmo bianco di Carrara di soli 6 cm di spessore con una lunghezza di 5 m e una larghezza di 1 m , ottenute da grandi blocchi mediante taglio con macchine a controllo numerico.

Tra le sue realizzazioni la fermata della metropolita Repubblica di Milano, costruita tra gli anni ottanta e anni novanta, si caratterizza con una struttura molto innovativa, che fa uso di una speciale volta in prefabbricati di cemento ornati con incavità a forma di calotta sferica, i quali realizzano un arco insolitamente ampio e alto. Le incavità della volta sono studiate per smorzare le emissioni acustiche, ed impedire il rimbombo al passaggio dei convogli.

Attraverso la disamina delle sue opere emerge la centralità che il rapporto tra tecnica e cultura all’interno del progetto di architettura e di disegno industriale ha sempre rivestito nella sua poetica. Risulta evidente dalla sua architettura come la tecnica si sia espressa come elemento strutturale del progetto: egli considera le qualità dei materiali, la interpretazione delle tecniche, rivisita le tipologie consolidate, è in grado di inventare spazi inediti e si ingegna nella immissione di tecnologie di produzione innovative. La sua è lenta, puntigliosa, costante attività di ricerca mirata all’innovazione.


CREDITS
Testi a cura di: Carol Monticelli

Angelo Mangiarotti
Dettaglio della copertura del Centro direzionale Internazionale Marmi e Macchine a Carrara (1991) e dettaglio rappresentativo esemplare del sistema trilitico dell'edificio industriale di Giussano (1993)
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Nardi G., Angelo Mangiarotti, Maggioli, Rimini, 1997.

 
FONTI BIBLIOGRAFICHE

Bona, E. D., Angelo Mangiarotti : il processo del costruire, Electa, Milano, 1980.

Finessi B., Su Mangiarotti : architettura design scultura, Abitare Segesta, Milano, 2002.

Mangiarotti, A., Angelo Mangiarotti 1955-1964, Seidoh-Sya Publishing, Tokio, 1965.

Nardi G., Angelo Mangiarotti, Maggioli, Rimini, 1997.