Tendostrutture
Carro di Tespi di prosa
Italia, 1928
Percorsi evolutivi
Epoca 1928
Luogo: Roma e sud Italia
Caratteristiche: tendostruttura itinerante
Materiali

Tessuto impermeabile, piastre di base in ferro,

tiranti in corda, pilastri in legno

Dato
Utilizzo: Spettacolo teatrale itinerante
Tipologia: tendostruttura chiusa ad aula unica di forma rettangolare
Progettista: Arch. Antonio Valente
APPROFONDIMENTO
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Nell’Ottocento, con l’avanzare della città borghese, l’architettura sente sempre più l’esigenza di usare forme stabili e durevoli per rappresentare la magnificenza civile e l’importanza dei suoi rappresentanti, perdendo via via  quella dimensione della rappresentazione diffusa nel Seicento e nel Settecento che coinvolgeva tutta la piazza, a scopo didascalico (sacre rappresentazioni) o di elevazione culturale (feste organizzate dai nobili signori).

Le strutture temporanee in questo periodo restano pertanto relegate agli usi itineranti, vuoi che si tratti dei circhi, la cui evoluzione più significativa è proprio databile tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, vuoi che si tratti del teatro teorizzato dai futuristi e mai concretizzato, che nasce proprio in contrasto con l’idea del teatro stabile.

All’interno del contesto italiano è da segnalare l’esperienza significativa dei Carri di Tespi, che sulla scia di quanto teorizzato dai futuristi, verso il 1928 diventano il riferimento più significativo di un’architettura temporanea studiata nel dettaglio e costruita con i materiali più innovativi per l’epoca.

I teatri ambulanti cosiddetti carri di Tespi percorrevano durante i mesi estivi l’intera penisola, portando rappresentazioni in prosa e, più tardi, anche liriche, sia nei piccoli centri che nelle grandi città: furono istituiti dall’Opera nazionale dopolavoro (OND), all’intero delle iniziative promosse dal partito nazionale fascista per l’educazione delle masse popolari [Niccolai, 2004; Pacini, 2004]. Antonio Valente fu l’architetto che progettò e seguì la costruzione della tipologia del teatro Tespi di prosa  e poi anche del più grande teatro Tespi lirico, spingendo poi altri alla prefigurazione di un terzo teatro viaggiante, la Nave di Tespi, progettata dall’ingegner Carlo Giorgetti e mai realizzata.

Attraverso i carteggi di Valente con il committente OND e con le ditte contattate per gli aspetti esecutivi dei teatri, è stato possibile capire che tali strutture temporanee furono realizzate ricorrendo a sistemi costruttivi leggeri e dotati di parti pieghevoli, in modo da facilitare e abbreviare le operazioni del montaggio e dello smontaggio. Inoltre la manifattura dell’involucro tessile fu affidata a una ditta milanese, il Laboratorio italiano impermeabili, che la realizzò su preciso disegno di Valente, con tessuti innovativi per l’epoca, resi impermeabili per garantire una durata maggiore e ne documentò anche le fasi di montaggio. 

Nel primo decennio del 1990 si ha la necessità di effettuare un cambiamento nel teatro; cioè passare da un teatro per le masse a un teatro futurista. Un primo tentativo di rinnovamento teatrale è stato fatto nel 1913  da Bruno Corra e da Martinetti, con l’intento di creare una compagnia drammatica avanzata e di portarla attraverso le città italiane; il pubblico teatrale si divise in due parti, una entusiasta del nuovo teatro l’altra avversissima; però era necessario un Teatro Futurista, assolutamente opposto al teatro passatista, che prolunga i suoi cortei monotoni e deprimenti sulle scene sonnolenti d’Italia.

Con l’inizio della costruzione in tutta Italia dei teatri stabili diventa sempre più particolare la costruzione del teatro itinerante.

Alle strutture in legno si sostituiscono sempre più le esili strutture in ferro e vetro di derivazione industriale e le membrane vengono impiegate come sistemi di ombreggiamento integrati alle ampie superfici vetrate. Il riferimento è certamente alle grandi serre smontabili inglesi, ai mercati francesi e all’uso delle membrane come secondo soffitto dalle valenze non soltanto estetiche, ma anche funzionali: di ombreggiamento e di miglioramento delle prestazioni acustiche. In alcuni casi il breve periodo previsto per la durata dell’installazione giustifica il ricorso alle parti tessili lungo l’intero perimetro del padiglione, come nel caso del padiglione con struttura e copertura in ferro documentato da un’incisione di Castellini e Canonica del 1825 a Milano.

La vicenda dei Carri di Tespi ripropone con altrettanta chiarezza l’inquietante rapporto fra evoluzione tecnico-artistica e logica di Regime. L’elaborazione del primo progetto di dispositivo di teatro ambulante noto sotto il nome di Carro di Tespi, risale ai primi mesi del 1928. La motivazione occasionale all’invenzione viene ad Antonio Valente, di sviluppare una forma di decentramento teatrale nel quadro dell’attività delle filodrammatiche, anche nei piccoli centri lontani dai normali circuiti commerciali.

La scelta è motivata dall’interesse suscitato, oltre che dalle sue invenzioni lumino-tecniche, dalla moderna e funzionale progettualità dell’edificio teatrale, già evidenziatasi negli studi successivi alla tesi di laurea sulla costruzione di un teatro di posa da erigersi in Roma mentre nei mesi più recenti, dai suoi studi per la creazione di dispositivi di palcoscenici, maturati nel progetto di palcoscenico mobile circolare tripartito e successivamente in quello di palcoscenico a slittamento bipartito con piattaforme mobili laterali. L’attenzione è rivolta da Valente, ai problemi relativi all’edificio teatrale e ai dispositivi scenici in particolare alla mobilità dell’impianto del palcoscenico, costituisce, al di fuori degli ammodernamenti in parte già effettuati nei palcoscenici dei grandi teatri lirici, l’unica espressione concreta e sistematica di rinnovamento in un campo che anche i futuristi avevano trascurato. Le costanti che distinguono questa zona di ricerca di Valente, si basano ancora una volta sull’idea della funzionalità, della rapida mobilità e quindi del dinamismo come principi fondanti della moderna evoluzione teatrale.

Il Carro di Tespi in Prosa in dettaglio

Si tratta di una struttura smontabile, sostenuta da capriate ripiegabili, di flessione e di tensione, quindi resistenze alle inclemenze atmosferiche, comprensiva di sala (ampia 120 mq) con panche per gli spettatori, di palcoscenico con superficie utile di 35 mq e con una dotazione di camerini per gli attori, regolarmente provvista di tutti i sistemi di sicurezza per il pubblico (uscita,corridoi,ecc.).

L’impianto è attrezzato di dispositivo per l’illuminazione della sala e per le luci di scena (4 riflettori 4 padelle, 4 bilance a 4 colori), il tutto ricoperto da tela impermeabile, facilmente trasportabile per mezzo di un camion; il trasporto degli attori e del personale è previsto invece a mezzo di autobus.

Si tratta di un progetto molto funzionale, dove tutto appare studiato per offrire con il minimo ingombro in massimo rendimento. La preoccupazione maggiore sembra rivolta alla sistemazione e alla sicurezza del pubblico, ma anche all’indispensabile comfort degli artisti, mentre il rapporto scena/spettatore appare motivato dall’idea dell’ordine, del rigore e dell’essenzialità dalle sala: trecento posti realizzati su nude panche senza alcuna separazione del palcoscenico che, privo della ribalta, si avvicina  alla platea mediante due comode scale laterali.

Lo scopo primario è infatti quello di garantire la massima concentrazione al teatro e di favorire l’effettiva comprensione da parte dello spettatore, come se l’impianto debba a sua volta contribuire alla formazione del pubblico.

Le dimensioni del palcoscenico sono tali che vengono collocati microfoni un po’ ovunque per garantire la diffusione dei pochi, tersi monologhi, dialoghi e momenti corali dell’opera.

La partitura musicale, le canzoni e gli effetti sonori sono tutti preregistrati per essere trasmessi dagli stessi altoparlanti utilizzati dai microfoni.

Per quanto concerne i posti a sedere, la platea è ideata a forma di rettangolo, con un lato curvo, cinta tutt’intorno da un argine d’erba di circa tre metri d’altezza; palchi e loggioni vengono abbandonati a favore di un solo settore piano per non creare differenze di visibilità.

Realizzare l’unione spirituale di trecento spettatori, sembra in qualche modo l’estensione dell’azione pedagogica di Valente: “in un certo senso è come se l’artista continuasse il percorso del recupero dell’uomo  attraverso l’uso dei materiali moderni e del modo moderno di concepire l’architettura”, ma allo stesso tempo al di là dell’astrazione dell’arte moderna da un lato e, pur nella coincidenza della doppia fruibilità del risultato, non dominato dall’idea del consenso tout-court che animava le strategie dell’O.N.D.

Lo scheletro dell’impianto del Carro di Tespi in prosa era composto da 11 capriate in legno duro con elementi snodabili e nodi in ferro, unite fra di loro e provviste di tiranti alle fiancate, 22 montanti laterali pure in legno duro, come anche la copertura del tutto in tessuto olona di cotone ritorto, tinta in azzurro, resistente al cloro, alla luce ecc. e porte di sicurezza, alternate per ogni  campata della sala spettatori e allacciabili all’interno alla marinara, le cabine e tutta la dotazione del palcoscenico, compreso i sipario e il manto d’arlecchino.

Il montaggio del carro di Tespi di Prosa

Il montaggio del teatro itinerante non prevede l'impiego di si mezzi ti sollebamento meccanici. Tutte le operazioni sono gestite interamente dagli operatori sul posto. Vengono predisposte a terra le basi di appoggio in ferro, fissate al terreno; successivamente si apre con una semplice rotazione, al suolo la parte strutturale del carro, costituita in legno; vengono a loro volta fissate con dei perni nella parte centrale, rendendo una struttura solidale e compatta; di seguito viene steso il tessuto impermeabile e agganciato al complesso di elementi in legno; la fase successiva è il passaggio principale del montaggio, ossia l’intera struttura viene innalzata contemporaneamente su i ventiquattro pilastri ed incastrati nelle basi in ferro. La struttura assume una forma rettangolare a capanna, ampliata sui lati longitudinali con l’ inserimento di successivi pilastrini in legno, inclinati leggermente verso l’ esterno, per avere una maggior tensione del tessuto; lo scheletro interno viene rafforzato con dei contrafforti, mentre il tessuto, esternamente viene teso maggiormente con dei tiranti in ferro, fissati al suolo.

CREDITS

Testi a cura di Rocco Ciurlia e Alessandra Zanelli

Ridisegni 3D di Rocco Ciurlia

FONTI BIBLIOGRAFICHE
Isgrò Giovanni, L’avventura dei Carri di Tespi: dall’idea del decentramento culturale del teatro, al teatro ambulante per le masse, in Isgrò Giovanni, Antonio Valente architetto scenografo e la cultura materiale del teatro in Italia fra le due guerre, Flaccovio, Palermo, 1988, pp. 83-96
Settimelli Emilio, Teatri smontabili, in Inchiesta sulla vita italiana, Premiato Stabilimento Tipografico Licinio Cappelli, Rocca S. Casciano, 1919, pp. 83-84.
Niccolai Michela, “La Scala sotto la tenda”, in Illiano R., Italian Music during the Fascist Period, Speculum Musicae, X vol., Brepols, 2004, pp. 267- 281.
Pacini Giovannella, Antonio Valente e la realizzazione del Carro di Tespi di prosa, in Illiano R., Italian Music during the Fascist Period, Speculum Musicae, X vol., Brepols, 2004, pp. 253- 266.
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Fig.1-2: “L’avventura dei Carri di Tespi: dall’idea del decentramento culturale del teatro, al teatro ambulante per le masse”. 1988 pp. 83-96

Fig. 3-9: ridisegni 3D di Rocco Ciurlia

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