TransHab
U.S.A., 1990 ca d.C.
Percorsi evolutivi
Epoca tmateriali di sintesi
Luogo: U.S.A.
Caratteristiche: -
Materiali Nextel, materiale schiumogeno, Kevlar ondulato, Combitherm, Nomex
Utilizzo: Aerospaziale
Tipologia: stazione spaziale
Progettista: N.A.S.A.
APPROFONDIMENTO
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Dopo le prime sperimentazioni di strumenti pneumatici utilizzati come abitazioni spaziali, la N.A.S.A. realizzò un’ unità di alloggiamento gonfiabile incredibilmente sofisticata conosciuta come TransHab (il nome del progetto è una forma contratta di Transit Habita): questa era originariamente concepita come il luogo abitativo per un gruppo di astronauti nei viaggi tra la Terra e Marte. Le necessità di questi sono molteplici date le estreme condizioni: la durata sarebbe dovuta essere di almeno 12 mesi quindi creare un’ area vitale, confortevole e relativamente spaziosa era molto importante.

La N.A.S.A scartò ogni piano di spedizione di astronauti su Marte ma al TransHab fu assegnato un nuovo incarico. La richiesta nei tardi anni ‘90 di una Stazione Spaziale Internazionale (ISS) risultò adeguata alle prestazioni che poteva offrire il TransHab.  

Un prototipo a grandezza naturale fu costruito ed installato alla Johnson Space Center in Texas nel novembre del 1998 (Fig. 1). Il prototipo fu testato in una camera che simulava le condizioni spaziali. La prova consisteva nel portare il TransHab da uno stato compatto (nel quale si sarebbe trovato al momento del lancio) allo stato di completo gonfiaggio nel quale si sarebbe trovato nello spazio (dal diametro di 8,2 mt), unito all’ ISS (Fig. 2). Fino a sei astronauti avrebbero potuto vivere, lavorare e riposarsi nel modulo gonfiabile dell’ ISS. I servizi a bordo erano comprensivi di camere da letto, cucina, tavolo da pranzo da dodici posti (per gli astronauti avrebbero dato il cambio), una palestra ed una dispensa.  

La N.A.S.A effettuò delle ricerche per determinare gli effetti a lungo termine dell’abitare in un area confinata per questo motivo fu studiato un design che permettesse una maggiore sensazione di spazio in contrasto agli effetti dannosi causati dalla prolungata permanenza in ambienti ristretti, come nelle precedenti stazioni spaziali. La disposizione dell’area abitabile permetteva delle modifiche dei servizi di bordo per adattarli meglio alle diverse esigenze. Un alto livello di adattabilità, significava una maggiore vita operativa del TransHab stesso: ogni componente poteva essere facilmente rimosso, spostato e ridislocato.  

I progettisti del TranHab guidati dal Kriss Kennedy, furono astuti nel costruire un’unità abbastanza leggera da essere lanciata tramite strumenti esistenti all’epoca, rendendo il progetto realistico, se fosse stato costruito con materiali rigidi convenzionali, infatti, il costo del solo lancio della struttura nello spazio sarebbe stato enorme, in quanto sarebbe stato necessario inventare un nuovo tipo di razzo. Il TransHab sfruttò la tecnologia gonfiabile, per ottenere un volume triplo rispetto ad una unità analoga costruita con materiali rigidi.   I problemi fronteggiati da Kriss Kennedy ed il suo team nel progetto del TransHab sono simili a quelli incontrati dagli inventori delle tute spaziali dell’ Apollo. Come per queste ultime, l’aspettativa del TransHab era di salvaguardare i suoi “abitanti” dagli estremi rischi dello spazio.  

La squadra fabbricò il guscio esterno con oltre venti strati di materiali che lo rendevano spesso solo 30 cm ma comunque in grado di resistere alle micro meteoriti che lo avrebbero colpito a velocità molto elevate. Strati successivi di Nextel, un materiale comunemente usato come isolante in campo automobilistico, erano distanziati da materiale schiumogeno: questa combinazione serviva a proteggere dai colpi delle micro particelle che venivano frantumate al momento dell’impatto. La forma del modulo veniva mantenuta mediante uno strato rigido di Kevlar ondulato posto all’interno del guscio protettivo. Tre camere d’aria di Combitherm, un materiale gommoso comunemente usato nell’imballaggio dei cibi, mantenevano la pressione interna del TransHab e questo era protetto da una parete interna del modulo a prova di fuoco costituita dal Nomex, simile a quello delle tute ed un ulteriore protezione era data dal guscio gonfiabile che isolava il modulo dalle estreme temperature dello spazio.  

La struttura del TransHab era una combinazione ideale di tecnologie rigide e gonfiabili. I due metodi erano usati per creare una unità leggera ed estremamente mobile nonché resistente. Il modulo, sgonfiato, era abbastanza compatto per essere trasportato oltre l’atmosfera terrestre all’interno del vano di carico di uno Space Shuttle esistente. Una volta a destinazione il TransHab poteva essere espulso dallo Shuttle, gonfiato nello spazio, ed occupato dall’equipaggio.  

L’esplorazione spaziale ha fornito a progettisti, ingegneri ed altri tecnici esempi pratici di nuovi tipi di strutture e materiali, esempi che verranno presi in considerazione per strutture e progetti di ogni genere.

CREDITS
testi a cura di Valentina Pellegrino
FONTI BIBLIOGRAFICHE

Topham S., 2002, Blow Up: inflatable art, architecture and design, Prestel, Munich

http://www.sti.nasa.gov/tto/spinoff1999/ard6.htm
http://www.tfot.info/articles/18/a-room-with-a-view-of-mars-please.html
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
Fig. 1: http://www.sti.nasa.gov/tto/spinoff1999/ard6.htm
Fig. 2, 3: http://www.tfot.info/articles/18/a-room-with-a-view-of-mars-please.html
Fig. 4: http://www.marcopolo-education.org/MarcoGrams/5-22-02.html
Fig. 5: http://bldgblog.blogspot.com/2007_05_01_bldgblog_archive.html