Nautica
Le barche olandesi
1600 d.C.
Percorsi evolutivi
Epoca Olanda e Paesi Bassi
Utilizzo Scafo in legno, velatura in lino o canapa
Luogo XVI e XVII secolo
Caratteristiche mercantile
Materiali ampio scafo, velatura a fiocco e randa
Tipologia Botter; Tijalle; Fries jacth; Schouw
Progettista
APPROFONDIMENTO
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La marineria olandese, mercantile per elezione, ma nei secoli anche militare per necessità, ha raggiunto il culmine del suo splendore nel XVII secolo. Nel 1609 ha luogo la prima spedizione della Compagnia delle Indie Orientali, che porrà le basi per l’insediamento in Giappone a Deshima (attuale Nagasaki). È in questo periodo che si affermano e si diversificano le principali tipologie delle imbarcazioni per la navigazione interna e costiera. Nei secoli seguenti poco o nulla verrà modificato.

Ai Paesi Bassi si deve la nascita dello yatching nel senso moderno del termine poiché presso gli Olandesi la barca a vela rappresentava il mezzo di trasporto più comune. Fin dal 1600 è noto infatti che i nobili commercianti facessero sfoggio di barche lussuose dalle elaborate finiture per attestare il loro rango, come gli italiani facevano con le loro carrozze.  Narrano le cronache che Carlo II Stuart si trovava nei Paesi Bassi quando, restaurata la monarchia, fu proclamato re d’Inghilterra; per festeggiare la sua ascesa al trono gli olandesi gli offrirono in dono una staten jacht, barca esclusivamente da diporto. Trasportata in Inghilterra fece si che lo sport nautico si diffondesse anche in quel regno: il termine jacht si inglesizzò in yatch.

Esistono circa una ventina di tipi diversi di imbarcazioni olandesi con precise caratteristiche e dimensioni e persino con decorazioni diverse che ne permettono l’immediato riconoscimento.

Tutte le imbarcazioni hanno in comune una generosa larghezza massima, una certa simmetria delle linee d’acqua.

Il botter, il nome deriva forse da boat, un pesce locale, è il modello più diffuso. Nato nelle acque della parte più interna della Zuiderzee, è un’imbarcazione priva di corpo cilindrico ( la porzione dello scafo in cui la sezione rimane costate) con una larghezza massima decisamente spostata verso la prua.

L’attrezzatura velica comprende una randa al terzo con il tipico picco incurvato delle imbarcazioni olandesi, un grande fiocco murato al dritto di prue ed eventualmente un fiocco più piccolo murati all’estremità di un lungo bompresso.

Un’altra imbarcazione popolare è il Tijalle, facilmente riconoscibile per le vele sovente di colore scuro. Di notevoli dimensioni, se usato per il diporto, è una barca estremamente comoda per la quale la velocità di navigazione diventa un fattore trascurabile. L’imbarcazione veniva utilizzata per il trasporto di carichi fino a 50 tonnellate e portava principalmente dalla Frisia patate, materiali da costruzione o torba. Oggi gli esemplari naviganti sono esclusivamente destinati al diporto o al charter. Hano interni capienti e comodi in cui viene alloggiato il numeroso equipaggio necessario alla loro manovra; alcuni sono riccamente decorati, ornati addirittura con piccoli giardini in vaso amorosamente collocati a poppa.

Il Fries jacth è un’altra elegante imbarcazione tradizionalmente destinata al diporto. Di dimensioni relativamente limitate, ha la peculiare caratteristica di avere un albero privo di sartiame lateriale, questo permette di passare agevolmente sotto i ponti armando e disarmando l’attrezzatura velica in pochi secondi. Non è adatto a resistere a venti molti forti che rischierebbero di disalberarlo; viene quindi utilizzato solo con condizione meteorologiche  molto favorevoli in acque ben riparate.

Il Boeier riveste un’importanza storica per gli olandesi essendo la barca utilizzata dal principe di Orange contro gli spagnoli nel XVI secolo. Il termine è antico utilizzato per designare le imbarcazioni utilizzate per fini non commerciali. Appariscente nel portamento è la barca olandese più involata. Le sue caratteristiche marine e la sua agilità ne permisero l’utilizzazione come vedetta e guardacoste già nel XVII secolo. Per favorirne la manovrabilità alcuni esemplari hanno l’albero abbattibile dotato di un contrappeso che ne consente il riarmo veloce dopo aver superato un ponte.

Lo schouw è di dimensioni molto variabili, oltre alla prua tronca, caratteristica saliente sono le sezioni a spigolo che permettono di costruirlo facilmente anche in metallo. In origine erano barche da pesca, spesso prendevano il nome dal tipo di pesca a cui erano destinati o dalla località di costruzione.

Tutte le barche descritte erano caratterizzate da una velatura limitata a un fiocco e una randa che furono incrementate progressivamente dagli olandesi per aumentare la superficie velica, con controrande, controfiocchi, vele simili a spinnaker, per ottenere un più alto rendimento.

Il materiale per il confezionamento delle vele era lino o canapa e solo successivamente il cotone pesante.

Dal punto di vista delle tecniche costruttive, ben poco è cambiato dal Secolo d’Oro. Oggi la costruzione di queste imbarcazioni viene fatta secondo i dettami trasmessi oralmente tra le varie generazioni di costruttori, con una rigida codificazione delle forme e delle caratteristiche di ogni tipo.

Soprattutto l’esigenza di avere un fondo piatto ( per contenere al massimo il pescaggio senza incidere sensibilmente sulla possibilità di carico) che ha fatto evolvere le forme delle barche ilandesi in una direzione totalmente differente da quella riscontrata in altri Paesi dalla lunga tradizione marinara (es. nel Mediterraneo). Le tecnologie messe in atto per rendere possibile un tale risultato ha comportato una notevole raffinatezza nella disposizione della struttura dello scafo e dei fasciami: infatti le barche olandesi sono tra i pochi esempi di costruzioni anteriori al XVIII secolo con strutture interne di irrigidimento miste ovvero con elementi sia trasversali che longitudinali.

CREDITS
Testi a cura di: Cristina Mazzola
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Bellabarba S, Guerrieri E.(2006), Vele italiane della costa occidentale, dal medioevo al novecento, ed. Hoepli, Milano.
 Giorgetti F. (2007), Yatch da regata, ed. White Star, Vercelli.
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Fig.1-6: foto di H. Van Maasdijk tratto da http://pietrocristini.com